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Giuliano De Micheli

Giuliano De Micheli

Mercoledì, 14 Gennaio 2015 00:00

Studio Elettrofisiologico

Studio elettrofisiologico endocavitario (SEE)

È un esame che studia il sistema elettrico del cuore, responsabile dell’origine e della conduzione degli impulsi elettrici che permettono al cuore di contrarsi e svolgere la propria funzione.
Quando il sistema elettrico del cuore presenta delle anomalie possono verificarsi aritmie cardiache che possono manifestarsi con un battito troppo accelerato, troppo lento oppure irregolare, causando sintomi quali palpitazioni, difficoltà nel respiro, vertigini, perdita di coscienza.
Questo studio consente la diagnosi precisa del meccanismo e della sede dell’aritmia e rappresenta la base per un corretto trattamento.

Le aritmie cardiache possono essere causate da diversi meccanismi:

  • presenza di una via elettrica anomala;
  • presenza di un circuito elettrico;
  • presenza di un focolaio che scarica impulsi ad alta frequenza o impulsi disorganizzati che fanno contrarre il cuore in maniera rapida e irregolare;
  • cattivo funzionamento delle strutture da cui originano gli impulsi elettrici normali o sinusali, quali il nodo del seno e il nodo atrio-ventricolare.

Le aritmie possono generarsi in diverse sedi del cuore.


PROCEDURA

Cateteri durante uno studio ElettofisiologicoSi introducono delle sonde (cateteri) attraverso la vena femorale e, se necessario, attraverso la vena succlavia, dopo aver somministrato un anestetico locale.
I cateteri vengono spinti fino al cuore sotto la guida dei raggi x e posizionati nell’atrio destro, nel ventricolo destro, nel setto interatriale e nel seno coronarico per registrare l’attività elettrica del cuore.
In particolare, lo studio permette di valutare la presenza e l’esatta origine di ritmi irregolari e di verificare l’efficacia dei farmaci nel controllare le aritmie.
La durata dell’esame è in media di 30-45 minuti.

Al termine in base ai risultati dello studio si possono verificare diverse condizioni:

  • Lo studio elettrofisiologico non evidenzia alcuna aritmia. È possibile che i sintomi non siano dovuti a disturbi del sistema elettrico del cuore.
  • L’aritmia può essere eliminata tramite l’ablazione transcatetere mediante radiofrequenza. Qualora necessaria e possibile, sarà la prima opzione proposta. Nel caso in cui dovesse emergere la necessità d’impiantare un pacemaker o un defibrillatore automatico si procederà all’intervento nella stessa o in una successiva seduta.
  • L’aritmia non può essere eliminata con gli interventi sopra descritti. In tal caso verrà prescritta una terapia farmacologica.

RISCHI E POSSIBILI COMPLICANZE

L’incidenza delle complicanze, pur essendo molto bassa, dipende dai diversi meccanismi e luoghi d’origine delle aritmie, così come dalla presenza di particolari patologie (cardiopatia, scompenso cardiaco, arteriopatia, coagulopatia, etc.).
Le complicanze che si possono verificare con maggiore frequenza sono:

  • Danneggiamento dei vasi attraverso i quali sono introdotti i cateteri (ematoma, tromboflebite, trombosi venosa profonda, fistola artero-venosa, dissezione arteriosa). Queste complicanze sono di solito curabili con terapia medica e riposo a letto e solo raramente richiedono trasfusioni o interventi chirurgici.
  • Danneggiamento del polmone (pneumotorace) che si verifica durante la puntura della vena succlavia sinistra e che talvolta richiede l’applicazione di un tubino di drenaggio.

Le complicanze cardiache si verificano molto raramente e sono:

  • versamento pericardico che generalmente si risolve in breve tempo e con terapia medica; un versamento di notevole entità causato da una perforazione delle pareti cardiache può causare conseguenze più gravi (tamponamento cardiaco, morte) e può richiedere un intervento chirurgico;
  • bradicardia dovuta a danneggiamento del nodo del seno o del nodo atrio-ventricolare (blocco atrio-ventricolare); se persistente e di grave entità necessita di un impianto di pacemaker definitivo;
  • aritmie ventricolari maligne che richiedono cardioversione elettrica e in casi molto gravi possono causare arresto cardiocircolatorio;
  • embolie periferiche dovute alla mobilizzazione di piccoli trombi che possono causare disturbi della circolazione a vari livelli (arti inferiori, rene, cervello).

(fonte: Ospedale San Raffaele)