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Stefano Benussi

Stefano Benussi

Martedì, 11 Novembre 2014 00:00

Stefano Benussi e la fibrillazione atriale

Buongiorno a tutti, mi chiamo Stefano Benussi. Sono un cardiochirurgo, da sempre appassionato di fibrillazione atriale. 

Sono stato subito fiero del forum, vedendo come decollava grazie alla vostra vivacità.

La numerosità dei messaggi e la varietà delle esigenze e delle idee che ne nascevano erano indice di quanto voi Pazienti aveste bisogno di informazione e di interazione. 

E' vero che, per problemi di tempo, capita che non riesca ad aprire fibrillazioneatriale.it per giorni, e che spesso rispondo in ritardo.

Avendo però messo a disposizione dei visitatori una sezione "contatti", non ho mai ritenuto di dover intervenire nel flusso delle vostre comunicazioni. Questo é il vostro forum e per quanto vi si tenessero discussioni interessanti, non mi é mai parso opportuno punteggiarle di miei interventi tipo “padrone di casa”.

Corrisponde al vero che nel campo della FA vi sia ancora una grande percentuale di ignoto. Forse é il motivo per il quale solleva tanto interesse tra i colleghi del settore. Sull'ablazione ci sono però alcuni punti abbastanza chiari:

- Quale che sia la causa, un intervento ablativo completo, che oltre ad isolare le vene polmonari divida entrambi gli atri in aree più piccole con delle linee ablative "a tutto spessore" é in grado di curare pressocchè ogni forma di FA, anche quella cronica, in oltre il 90% dei casi, a + di 10 anni di distanza. Questo però é un intervento a cuore aperto, la "Maze Operation" (vd sito), e quindi non è semplice estenderne i benefici a pazienti senza altri disturbi cardiaci, magari giovani e senza sintomi. Potrebbe stupirvi sapere che in realtà facciamo qualcosa di molto simile alla Maze nei pazienti con FA, sottoposti ad altri interventi a cuore aperto con eccellenti risultati.

- L'ablazione transcatetere (della quale, come chirurgo, non mi occupo direttamente), ha cercato di riprodurre una parte delle linee ablative della Maze per via endovascolare, endocavitaria con il vantaggio di non richiedere l'intervento chirurgico, ma con gli ovvi limiti del caso:

* Le linee prodotte non sono sempre continue ed impermeabili all'impulso elettrico (sono infatti il risultato di una serie di ablazioni puntiformi

ravvicinate)

* Non tutte le linee della Maze sono riproducibili per via percutanea.

Vi sono degli elementi incoraggianti:

- La grande maggioranza dei “trigger” (fino a + del 90%) o punti di origine della fibrillazione atriale, soprattutto se parossistica, sono in

corrispondenza od in prossimità della congiunzione tra lo sbocco delle vene polmonari e l’atrio sinistro.

 - L’ablazione percutanea con radiofrequenza unipolare delle vene polmonari, quando tecnicamente fattibile in maniera completa (vd limitazioni riportate sopra) e quando di efficacia duratura è veramente curativa in una percentuale elevata di casi.

- Nonostante i detti elementi di incertezza detti sopra, vi è generale consenso sul fatto che i casi che non risultano curati per via percutanea

* non abbiano ricevuto un efficace isolamento delle vene polmonari, ovvero che l’isolamento ottenuto “in acuto” non sia durato nel tempo e/o

* abbiano un trigger/origine in qualche zona atipica del cuore e/o

* per il quadro più complesso dell’aritmia – più spesso quando persistente o permanente e quindi continua – oltre ad isolare le vene polmonari, per eliminare i trigger, è anche necessario impedire che l’aritmia si possa perpetuare. Per ottenere ciò sono necessarie delle linee di ablazione aggiuntive, che conettano le polmonari isolate ad altre strutture e che, in generale, suddividano gli atri (fibrillanti) in una serie di corridoi comunicanti, abbastanza stretti da impedire circuiti elettrici circolari o “da rientro” (o fibrillatori), ma che consentano una progressione lineare sincrona dell’impulso elettrico. Anche queste linee sono abbastanza difficili da ottenere con i cateteri puntiformi dell’ablazione percutanea.

In questo contesto entra in gioco il cardiochirurgo: vi sono nuovi strumenti chirurgici in grado di eseguire delle linee ablative continue, impermeabili all’impulso elettrico e durevoli nel tempo, gli ablatori a radiofrequenza bipolare. Con questi è oggi possibile

* isolare l’area delle vene polmonari dall’esterno del cuore, a cuore battente (quindi non è un intervento a cuore aperto), virtualmente in tutti i pazienti, con una incisione minima sulla parete toracica. Attraverso la stessa incisione è possibile di solito chiudere o resecare l’auricola sinistra che è sede di partenza del 90% delle tromboembolie (ictus) nei pazienti con FA isolata (cioè in assenza di altre patologie cardiache).

* praticare l’intero schema ablativo della Maze operation sostituendo le incisioni chirurgiche che rendevano così laboriosa (e quindi rischiosa) la procedura, con una decina di ablazioni della durata di pochi secondi e riducendo la durata dell’intervento a poco più di un ora. Tenendo presente che la Maze è oggi pur sempre una procedura a cuore aperto.

Giova ripetere che il primo tentativo terapeutico nei pazienti affetti da fibrillazione atriale è la terapia medica. E che non è di solito accettato fare di più nei pazienti asintomatici. E gli altri? Quelli che “sentono” ogni episodio, che praticano sport o che viaggiano per lavoro? Quelli che hanno degli eventi neurologici, a volte nonostante la terapia antitrombotica? E’ comprensibile scegliere come prima opzione l’ablazione percutanea, che alcuni praticano oggi in anestesia locale. Ma quando (per i suddetti motivi) questa non funziona? Nessuna delle suddette procedure è scevra da un certo rischio periprocedurale. E’ sensato ripeterle 3,4,9 volte?

 Il nostro messaggio finale é che esiste qualcosa di interventistico in grado di curare la FA con estrema efficacia in tutti i pazienti. Bisogna ovviamente valutare caso per caso il rapporto rischio-beneficio delle procedure necessarie. Questo soprattutto perché, con gli strumenti oggi a nostra disposizione siamo in grado di consentire una probabilità di cura completa > 90% (senza farmaci), ma solo a patto di non ricorrere a scorciatoie: Un paziente con FA parossistica o persistente di relativamente recente insorgenza può aspettarsi tale risultato da un isolamento delle vene polmonari con RF bipolare; ma un paziente con FA permanente (continua) o persistente da troppi mesi può avere buone (anche ottime) chances di cura solo con una Maze III completa (quindi a cuore aperto).